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Consigli medico scientifici

 

-        Indicazioni alimentari per la terapia

delle malattie autoimmuni -

Si definisce malattia autoimmune una condizione patologica provocata da una reazione immunitaria contro costituenti propri dell'organismo (cellule, proteine, frammenti peptidici) che vengono "scambiati" per agenti estranei pericolosi ed attaccati per essere distrutti.

Le malattie autoimmuni di più frequente riscontro sono: l’artrite reumatoide, il diabete mellito di tipo I, il Morbo di Chron, la colite ulcerosa, la sclerosi multipla, il lupus eritematoso sistemico, la sindrome di Sjogren, la psoriasi, la sclerodermia, la polimiosite, le connettiviti autoimmuni e la tiroidite di Hashimoto.

 

Attraverso un’alimentazione corretta è possibile modificare il decorso della malattia, ridurre l’intensità ed il numero dei disturbi fisici ad essa correlati, allungare i periodi di benessere, diminuire le fasi di riacutizzazione e migliorare la prognosi.

 

La dieta vegetariana ha dimostrato chiari effetti positivi sulla sintomatologia in pazienti affetti da artrite reumatoide (Handerson et al. 1999).

 

Le indicazioni alimentari sono di basare la propria dieta su cibi di origine vegetale (cereali, legumi, verdura, frutta, semi, noci), preferire preparazioni semplici, scegliere alimenti non conservati o troppo elaborati, consumare in abbondanza cibi ricchi di vitamine ed acidi grassi buoni.

 

Ecco cosa fare:

 

- limitare il più possibile l’assunzione di acidi grassi saturi animali e di acido arachidonico (precursori di prostaglandine infiammatorie): latte, formaggi, burro, uova, carne, salumi

(eliminarli completamente nelle fasi di riacutizzazione)

 

- ridurre il consumo di acidi grassi della serie omega 6 (promuovono la sintesi di acido arachidonico): olio di soia, olio di girasole, olio di mais, olio di sesamo, olio di  semi vari, margarina, maionese, semi di girasole.

 

- incrementare l’uso di cibi ricchi di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 (riducono la sintesi di molecole infiammatorie e svolgono una potente attività  antinfiammatoria): olio di lino, semi di lino, noci, rosmarino ed origano secco, semi di zucca, fagioli di soia, portulaca, mandorle e nocciole.

Attenzione: l’olio di lino deve essere utilizzato solo a crudo

 

- assumere giornalmente alimenti ad alto contenuto di vitamine antiossidanti A, C, E (contrastano l’attività dei radicali liberi che stimolano la produzione di molecole infiammatorie).

Vitamina A: prezzemolo secco, carote, peperoncino rosso, basilico, zucca gialla, radiccio verde

Vitamina C: peperoncini piccanti, ribes nero, ortica, prezzemolo, peperoni, arance Vitamina E: nocciole, mandorle, germe di grano, olio extra vergine d’oliva, pinoli, salvia e rosmarino secchi

Attenzione: la cottura riduce drasticamente il contenuto di vitamina C.

 

- utilizzare: zenzero (fresco o secco in polvere) e peperoncino.

 

- preferire il consumo di cereali integrali in chicco (riso, avena, orzo, miglio, amaranto, quinoa, grano saraceno, mais) per il loro contenuto in acidi grassi polinsaturi (omega 3).

 

- ridurre l’utilizzo di alimenti ricchi di glutine (grano, farro, kamut, seitan).

 

- eliminare il più possibile prodotti contenenti zuccheri semplici (biscotti, torte, bibite zuccherate, miele, gelati, prodotti di pasticceria in genere) e imparare a cucinare dolci alternativi sostituendo latte, uova, burro e zucchero con: latti vegetali (di riso, soia, avena, mandorla), creme di nocciola, di mandorla, frutta secca, uva passa e succo di mela.

 

- raggiungere e mantenere un peso corretto (BMI compreso fra 18.5 e 24.9); eccessi alimentari stimolano la produzione di radicali liberi e promuovono l’infiammazione dei tessuti.

 

- se possibile, svolgere un’attività fisica moderata e regolare (passeggiate, nuoto, bicicletta) che consente di preservare il trofismo muscolare, mantenere la mobilità articolare e migliorare il tono dell’umore.

 

Molecole dotate di attività antinfiammatoria:

-         polifenoli (catechine): the verde

-         capsaicina: peperoncino piccante

-         curcuma: curry

-         resveratrolo (polifenoli): buccia di uva rossa

-         germe di grano secco fermentato: Avemar (integratore)

 

In presenza di sindrome di Raynaud:

 

-         limitare l’assunzione di frutta e verdura crude in inverno

-         utilizzare pomodori, melanzane e peperoni saltuariamente e solo d’estate

 

 

 

I vegetariani non soffrono di osteoporosi

 

L’osteoporosi è la più frequente malattia metabolica a carico dell’osso e una delle più importanti patologie legate all’età. Il termine osteoporosi indica una riduzione del tessuto osseo rispetto al volume anatomico in presenza di un normale rapporto fra contenuto minerale e matrice organica. La perdita di massa ossea è un fenomeno fisiologico connesso con l’invecchiamento: a partire dai 40-50 anni il tessuto osseo si riduce in entrambi i sessi e in misura maggiore nelle donne dopo la menopausa. L’osteoporosi viene definita malattia quando si verificano fratture spontanee in assenza di traumi o quando la massa ossea, valutata con metodica mineralorimetrica (MOC), risulta inferiore a 2.5 deviazioni standard.

 

Fattori di rischio:

·        Sesso femminile

·        Ereditarietà

·        Razza caucasica

·        Ridotto picco di massa ossea

·        Prolungati periodi di amenorrea

·        Menopausa precoce

·        Basso indice di massa corporea

·        Età avanzata

·        Fumo di sigaretta

·        Abuso di caffè, alcool, sale, zuccheri semplici

·        Farmaci corticosteroidi, anticonvulsivanti, anticoagulanti, diuretici

·        Dieta ricca di proteine animali

·        Sedentarietà

 

Quadro clinico

I pazienti con osteoporosi sono di norma asintomatici. La prima avvisaglia è il dolore che può essere localizzato a livello del rachide toracico, lombare, al collo del femore e al polso, sostenuto da un cedimento dell’osso o da una vera e propria frattura. Subito dopo la menopausa (50-60 anni) le lesioni osteoporotiche interessano più frequentemente polso e vertebre; in età avanzata l’osso più a rischio di frattura diventa la regione prossimale del femore.

 

Diagnosi

Le metodiche attualmente più usate sono:

·        Esame radiologico tradizionale dello scheletro

·        Mineralometria ad assorbimento fotonico

·        Densitometria a raggi X

·        Agobiopsia ossea

·        Esami biochimici (calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina, calciuria, fosfaturia, vitamina D, osteocalcina)

 

Prevenzione e terapia

La miglior terapia dei problemi legati all’invecchiamento dello scheletro è quella di costruirsi una buona massa ossea da giovani. L’osso è un tessuto vitale e subisce un processo di rimodellamento attivo durante tutto l’arco della vita, ma la deposizione di sali di calcio non è sempre costante: è massima nella fase dell’accrescimento e culmina intorno ai 20-25 anni. Completata la maturazione scheletrica, il calcio non aumenta più la sua concentrazione nelle ossa; in età adulta possiamo solo mantenere il nostro patrimonio di calcio e tentare di rallentare la fisiologica perdita di massa ossea (osteoporosi) che progredisce con l’invecchiamento.

L’alimentazione, l’attività fisica e delle corrette norme igienico-ambientali sono fondamentali per raggiungere un buon picco osseo da giovani e per preservarlo nel corso della vita.

Calcio, fosforo e vitamina D sono i micronutrienti fondamentali per costituirsi uno scheletro forte e sano. I LARN (livelli di assunzione raccomandati di nutrienti) suggeriscono un apporto di calcio di 800-1000 mg/die fino ai 29 anni con un aumento a 1200 mg/die fra gli 11 e i 17 anni; in età adulta il fabbisogno è di 800 mg mentre negli uomini al di sopra dei 60 anni è di 1000 mg e di 1500 mg nelle donne in menopausa non in terapia estrogenica.

L’apporto di fosforo è uguale a quello di calcio e segue le stesse oscillazioni nelle varie fasce di età; quello di vitamina D varia da 0 a 15 mcg a seconda dell’esposizione ai raggi ultravioletti e alla sua sintesi endogena a partire dal colesterolo. Bassi livelli di calcio predispongono all’insorgenza di alterazioni ossee (rachitismo nei bambini, osteoporosi ed osteomalacia negli adulti), aumentano il rischio di ipertensione, aritmie cardiache, demenza, crampi muscolari, difetti di coagulazione, malattie dentarie, ipercolesterolemia e, secondo recenti studi, anche di obesità.

Oltre a calcio, fosforo e vitamina D, altre sostanze meno conosciute, ma non meno importanti, intervengono nel metabolismo osseo e sono: vitamina K e boro.

La prima stimola la conversione dell’osteocalcina nella sua forma attiva indispensabile per fissare gli ioni calcio nell’osso; il secondo partecipa all’attivazione metabolica delle vitamine E e D.

 

Alimentazione consigliata

La dieta vegetariana (ovo-latto, ma anche vegana) è associata ad un più basso rischio di osteoporosi, verosimilmente imputabile ad una minor perdita di massa ossea in età adulta. Il diminuito apporto di proteine animali e di fosfati tipico dei soggetti vegetariani riduce elettivamente l’escrezione urinaria di calcio mentre un aumento del consumo giornaliero proteico da 47 a 142 g raddoppia addirittura il calcio perso con le urine. Sembra che soggetti vegetariani ed onnivori raggiungano il medesimo picco di massa ossea ai 25 anni, ma che i secondi vadano incontro a degenerazione osteoporotica molto più tardivamente e in modo meno marcato dei primi.

 

Cibi Sì  perché ricchi di calcio e privi di proteine animali acide: frutta fresca, verdura, frutta disidratata, semi oleaginosi, alghe, cereali integrali, legumi, aromi, latti vegetali fortificati, acque calciche

 

Cibi no perché facilitano la demineralizzazione ossea per l’elevato contenuto di proteine animali: carni fresche, salumi, latte, formaggi, uova, pesce

 

Assolutamente da non dimenticare l’attività sportiva! È stato dimostrato che un’ora di esercizio fisico moderato praticato 3 volte alla settimana (camminata a passo svelto, ballo, acquagym, corsa) previene la perdita di massa ossea. La sedentarietà, l’abuso di caffè, di alcool e il fumo possono addirittura raddoppiare la percentuale di escrezione urinaria di calcio, aumentando la probabilità di sviluppare osteoporosi.

 

 

Dott.ssa Michela De Petris

Medico Chirurgo – Specialista in Scienza dell’Alimentazione

 

 

 

 

 

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